Caro Francesco, buonasera.

Certo che ci hai lasciato tutti di sasso questa mattina, quando abbiamo appreso della tua morte.

Ti avevamo visto solo ieri, sorridente, infaticabile, in mezzo alla folla, sul balcone, o tra i carcerati: non ti sei fatto mancare nulla. Come se lo sapessi. Come se avessi voluto godere fino in fondo di quegli ultimi istanti che la vita ancora ti regalava.

Non avevi tempo da perdere. Avevi ancora tante cose da dire, tante da fare.
Non conoscevi la parola stanchezza, perché vivere per te era un mezzo per portare la tua parola, i tuoi moniti di pace, di speranza, di fiducia.
Al tuo popolo. Al mondo intero.

Una delle frasi più belle che rimarrà per sempre nel cuore è quella che ripetevi spesso:
“Non fatevi rubare la speranza.”

La speranza era sempre presente nei tuoi discorsi.
Sei stato l’unico ad alzare davvero la voce contro la guerra, ma — diciamocelo — non sei stato ascoltato.
E, paradossalmente, nemmeno oggi, mentre tanti ti osannano per le tue parole coraggiose, ti ascoltano davvero.
Le diranno, le condivideranno… e forse le dimenticheranno presto.

Eppure, tu Francesco, per noi non eri solo il Papa.
Eri un familiare. Uno zio. Uno di quei parenti che hanno sempre una parola giusta, una voce calma, un consiglio che ti fa pensare.
Ci ricordavi ogni giorno quanto fosse importante non lasciarsi trascinare dalla superficialità, ma guardare a chi soffre, a chi ha bisogno, a chi non ha voce.

Parole che valgono ovunque:
nelle famiglie, nel lavoro, tra i giovani, nelle difficoltà quotidiane di tutti noi.

E allora, caro Francesco, buonasera.
Ci hai lasciato un monito che rimarrà ogni giorno nel mio cuore:

“Non fatevi rubare la speranza.”


Casabenessere

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