Recependo la normativa comunitaria, il D. Lgs. 8.11.2021 n. 199 ha disciplinato il fenomeno del c.d. autoconsumo collettivo di energia rinnovabile e cioè una forma di aggregazione, cui i condomini – ma non solo loro – possono ricorrere per produrre autonomamente l’energia destinata al loro fabbisogno.
Gli art. 30 e 32 di tale normativa dettano le regole fondamentali al cui rispetto gli – per usare le parole del legislatore – “autoconsumatori di energia rinnovabile che agiscono collettivamente” devono attenersi al fine di creare e mantenere in vita questa aggregazione.
Il dato normativo
Le norme fondamentali sono l’art. 30 e l’art. 32 D. Lgs. 8.11.2021 n. 199. La prima di tali disposizioni introduce alcuni
principi generali:
- il “cliente finale che diviene autoconsumatore di energia rinnovabile”
- “produce e accumula energia elettrica rinnovabile per il proprio consumo”
- “vende l’energia elettrica rinnovabile autoprodotta e può offrire servizi ancillari e di flessibilità”
- può accedere ad alcuni “strumenti di incentivazione”
- più clienti finali possono associarsi “per divenire autoconsumatori di energia
rinnovabile che agiscono collettivamente” e possono farlo
- purché si trovino “nello stesso edificio o condominio”
- realizzando impianti individuali o “impianti comuni”, che possono anche essere ubicati in “edifici o in siti diversi da quelli presso il quale l’autoconsumatore
opera”, purché si tratti di edifici o siti “nella disponibilità dell’autoconsumatore
stesso”
- utilizzando “la rete di distribuzione” esistente al fine di “condividere l’energia prodotta dagli impianti a fonti rinnovabili”
- utilizzando l’energia autoprodotta “prioritariamente per i fabbisogni degli autoconsumatori” stessi
- accumulando e vendendo “l’energia eccedentaria”.
- La seconda di queste disposizioni detta le regole alle quali deve ispirarsi la “vita” di questa aggregazione di autoconsumatori collettivi di energia rinnovabile:
- coloro che partecipano regolamentano i loro rapporti con un “contratto di diritto privato” che “individua univocamente un soggetto, responsabile del riparto dell’energia condivisa”
- tutti coloro che partecipano “mantengono i loro diritti di cliente finale”
- tutti coloro che partecipano possono recedere “dalla configurazione di
autoconsumo” in ogni momento, fermo l’obbligo di versare “eventuali corrispettivi [comunque “equi e proporzionati” – n.d.r.] concordati in caso di recesso anticipato per la compartecipazione agli investimenti
sostenuti”.
La realtà fattuale
La normativa di cui dianzi si “traduce” concretamente come segue:
- a) le persone e le imprese, che risiedono e operano all’interno di uno stesso edificio, possono riunirsi e formare un gruppo di autoconsumo collettivo di energia da fonti rinnovabili;
- b) formare un gruppo di autoconsumo collettivo di energia da fonti rinnovabili significa, in sostanza, realizzare – nell’edificio in cui gli autoconsumatori collettivi vivono e operano, ovvero in edifici e/o altri siti che siano nella loro disponibilità – impianti (individuali o comuni) con cui produrre energia elettrica destinata al consumo dei membri del gruppo, non solo a servizio delle parti comuni degli edifici [ascensori, scale, locale autorimesse, ecc.], ma anche a servizio delle unità di proprietà esclusiva
- c) non deve trattarsi necessariamente di condomini: parlando espressamente di “stesso edificio o condominio” il legislatore ha inteso permettere anche ai conduttori / comodatari di unità immobiliari di entrare a far parte del “mondo” degli autoconsumatori collettivi;
- d) se dell’aggregazione fanno parte delle imprese, la loro partecipazione al gruppo di autoconsumatori collettivi non può rappresentare la loro “attività commerciale e industriale principale”;
- e) per realizzare quanto sub a) e b) i soggetti sub a) devono sottoscrivere un
contratto di diritto privato che contenga la previsione dei loro reciproci diritti e obblighi e che disciplini anche i rapporti del gruppo con l’esterno;
- f) tutti quelli che partecipano al gruppo devono sostenere pro quota gli investimenti necessari alla creazione degli impianti di produzione di energia
- g) nessuno può essere costretto a restare all’interno di un gruppo di autoconsumatori collettivi di energia da fonti rinnovabili. Vige il principio generale delle “porte aperte”: tutti possono sempre recedere, fatto salvo l’obbligo di versare un contributo preventivamente concordato – qualcosa di molto simile, in concreto, al corrispettivo del recesso – per compartecipare agli investimenti sub f)
- h) il gruppo di autoconsumo collettivo di energia da fonti rinnovabili ha diverse
e articolate finalità: oltre alla già vista produzione di energia da fonti rinnovabili per il suo utilizzo prioritario al fine di soddisfare il fabbisogno degli autoconsumatori, il gruppo ha lo scopo di fornire agli autoconsumatori associati benefici ambientali, economici o sociali a livello di comunità;
Il gruppo di autoconsumatori collettivi come “condominio – ombra”
Una prima, superficiale lettura del D. Lgs. 8.11.2021 n. 199 potrebbe portare – e, in effetti, ha portato e spesso porta – a ritenere che il gruppo di autoconsumatori collettivi di energia rinnovabile coincida con il
condominio.
Chi scrive ha già – e più di una volta – sentito esprimere l’idea che il soggetto chiamato a “gestire” i rapporti all’interno del gruppo e a rappresentare il gruppo all’esterno sia l’amministratore del condominio.
Ragionare così sarebbe un errore.
Come si è già accennato, la norma pone, quale condizione per la configurabilità di un gruppo di autoconsumatori collettivi di energia rinnovabile, la circostanza che tutti i componenti del gruppo medesimo si trovino all’interno dello “stesso edificio”, ma questo può anche non essere condominiale.
È, cioè, possibile che i soggetti che si aggregano ai sensi degli artt. 30 e 32 D. Lgs. 8.11.2021 n. 199 non siano – per riprendere le parole con cui l’art. 1117 cod. civ. definisce il condominio – “proprietari delle singole unità immobiliari dell’edificio, anche se aventi diritto a godimento periodico”, ma semplicemente conduttori di quelle stesse unità.
Si pensi a un edificio che appartenga cielo – terra a un unico proprietario e che sia composto da unità immobiliari condotte in locazione da terzi.
Questi ultimi hanno il pieno diritto di associarsi per – ancora il legislatore –“divenire autoconsumatori di energia rinnovabile che agiscono collettivamente”.
Il rapporto tra il gruppo di autoconsumatori di energia rinnovabile che agiscono
collettivamente e il condominio.
Senza entrare nel merito e nel dettaglio dei non pochi e non trascurabili aspetti tecnici della fattispecie dell’autoconsumo collettivo di energia rinnovabile, a chi scrive viene spontaneo immaginare che l’impianto comune, realizzato per produrre in autonomia l’energia da consumare in proprio, consista in un certo numero di pannelli fotovoltaici collocati sul tetto dell’edificio.
Questo pone il tema del rapporto tra il gruppo di autoconsumatori collettivi e il proprietario di tale tetto e cioè – sarà così nella stragrande maggioranza dei casi – il condominio.
Non bisogna, infatti, perdere di vista che i due soggetti – si parla del gruppo di autoconsumatori collettivi e del condominio – non possono coincidere.
Per essere più precisi: possono coincidere in punto di fatto, ma devono comunque assumere, sul piano giuridico, un’articolazione
soggettiva differente.
Detto altrimenti: è possibile che i componenti del gruppo di autoconsumatori collettivi e i condomini siano materialmente gli stessi soggetti, ma il gruppo non può e non deve finire per coincidere con il condominio.
Tale coincidenza sarebbe, del resto, inconciliabile con la citata regola delle “porta aperte”:
- l’art. 32, primo comma, lett. b) D. Lgs. 8.11.2021 n. 199 prevede che i partecipanti al gruppo di autoconsumo collettivo “possono recedere in ogni momento dalla configurazione di autoconsumo”;
- il combinato disposto degli artt. 1117 e 1118 secondo e terzo comma, cod. civ.
impedisce al condomino di cessare – fatta salva l’ipotesi di alienazione dell’unità inproprietà esclusiva – di essere tale
- Tornando al tema del rapporto tra i due soggetti, si evidenzia che sarà necessaria la formalizzazione di un accordo in forza del quale il condominio metta a disposizione del gruppo di autoconsumatori collettivi la parte comune dell’edificio condominiale – il tetto, per restare a quanto ipotizzato sopra – destinata a “ospitare” l’impianto comune per la produzione dell’energia.
- Soccorre, in tale senso, l’insegnamento della migliore giurisprudenza – il riferimento è a Cass. SS.UU. 30.4.2020 n. 8434 – secondo la quale:
- “Il programma negoziale con cui il proprietario di un lastrico solare intenda cedere ad altri, a titolo oneroso, la facoltà di installarvi e mantenervi per un certo tempo un ripetitore, o altro impianto tecnologico, con il diritto per il cessionario di mantenere la disponibilità ed il godimento dell’impianto, ed asportare il medesimo alla fine del rapporto, può astrattamente essere
perseguito sia attraverso un contratto ad effetti reali, sia attraverso un contratto ad effetti personali.
La riconduzione del contratto concretamente dedotto in giudizio all’una o all’altra delle suddette categorie rappresenta una questione di interpretazione contrattuale, che rientra nei poteri del giudice di merito”;
- “Lo schema negoziale a cui riferire il contratto con il quale le parti abbiano
inteso attribuire al loro accordo effetti obbligatori è quello del contratto atipico
di concessione ad aedificandum di natura personale, con rinuncia del concedente agli effetti dell’accessione”;
- “Il contratto atipico di concessione ad aedificandum di natura personale stipulato da un condominio per consentire ad altri la installazione di un ripetitore, o altro impianto tecnologico, sul lastrico solare del fabbricato condominiale richiede l’approvazione di tutti i condomini solo se la relativa durata sia convenuta per più di nove anni”;
- “per la costituzione di un diritto reale di superficie sul lastrico condominiale è necessario il consenso di tutti i condomini; per contro, per il rilascio di una concessione ad aedificandum (…) di durata non superiore a nove anni è
sufficiente la maggioranza prevista per gli atti di ordinaria amministrazione dagli articoli commi 2 e 3 c.c., a seconda che si tratti di prima o di seconda convocazione dell’assemblea condominiale”.
Sul piano pratico:
- un condominio può concedere a un terzo il diritto di installare un impianto – diciamo un’antenna per la telefonia – sul tetto dell’edificio, di mantenerlo in sito per un certo tempo e, quindi, di portarsi via tutto al termine del periodo;
- quanto sopra può essere realizzato anche attraverso un contratto denominato
“concessione ad aedificandum di natura personale”;
- questo contratto può essere formalizzato dal condominio, in persona dell’amministratore, a seguito di una delibera assembleare;
- questa delibera deve essere adottata con 1.000/1.000 se il contratto ha durata
ultranovennale, mentre può essere adottata con la maggioranza semplice
[50% + 1 dei presenti e – in seconda convocazione – 334/1.000] se ha durata inferiore a nove anni.