Il Salone del Mobile e il Fuorisalone sono terminati, e anche quest’anno abbiamo visto quanto questi eventi siano fondamentali per l’Italia. Oltre 300.000 visitatori solo per il Salone, e le vie più animate di Milano – Brera, Via Durini, Via Tortona, e tanti altri distretti – invase da curiosi, appassionati, professionisti e creativi.
Io mi sono immersa in questa atmosfera per cinque giorni, spostandomi tra il Salone e il Fuorisalone. E ne sono tornata affascinata, non solo per le proposte viste, ma anche per l’energia che si respirava ovunque. Un’energia che spinge i creativi a superare i propri limiti e che fa riflettere anche chi non lo è, su cosa ci aspetta domani.
Ma è proprio da questa riflessione che nasce una domanda: dove sta andando il mondo del design e dell’arredo?






Uno sguardo al passato per capire il presente
La mia famiglia – con la Carlo Ratti – ha partecipato al Salone del Mobile fin dalla prima edizione. Ne abbiamo fatte tante. Questo mi ha permesso, nel tempo, di osservare da vicino i cambiamenti.
Un tempo, il Salone era il luogo dove ogni azienda – piccola, media o grande – andava per vendere. Era un evento atteso, desiderato, con una lunghissima lista d’attesa. Oggi, molte aziende storiche non partecipano più, pur avendo showroom a Milano: preferiscono organizzare eventi nei propri spazi. Altre si dividono tra Salone e Fuorisalone. Ma molte sono proprio sparite dal radar.
E una delle assenze che ho notato con più dispiacere è quella degli artigiani.









Che fine ha fatto l’artigianato al Salone?
Ricordo padiglioni pieni di pezzi artigianali provenienti da tutta Italia. Oggi sono scomparsi. Forse trovano spazio in altre fiere come Artigiano in Fiera o eventi locali. Ma il punto è un altro: perché gli artigiani non sono più al Salone del Mobile?
La risposta più ovvia è: i costi. Ma dietro questa risposta si nascondono questioni più profonde.
Gli artigiani oggi sono pieni di lavoro, spesso su misura, spesso di qualità. Ma non hanno sempre gli strumenti – né economici né comunicativi – per partecipare a eventi così grandi. E il rischio è che scompaiano dai radar del grande pubblico, nonostante abbiano tantissimo da offrire.
Il Salone vende ancora? E il Fuorisalone?
C’è una domanda che mi ha accompagnato per tutta la settimana:
oggi, le fiere servono ancora per vendere?
Il Salone funziona ancora per chi ha bisogno di ordini e clienti?
Il Fuorisalone – bellissimo, vivace, creativo – serve più a vendere oggi o a costruire un’immagine per domani?
Le lunghe code davanti alle installazioni mi hanno colpita. Ma mi sono anche chiesta: quanto di tutto questo torna davvero utile a chi produce e deve vivere del proprio lavoro?
E da qui ai prossimi 50 anni?
Forse è il momento giusto per fermarsi a pensare. Il mondo sta cambiando. Anche il modo di vendere, di comunicare, di produrre. Ma una cosa non è cambiata: chi lavora – artigiano o grande azienda – ha bisogno di vendere per andare avanti.
Forse è il momento di ripensare il Salone, e di creare nuovi spazi. Spazi dove anche le piccole realtà possano tornare a farsi vedere, a proporre alternative, a raccontare la propria unicità. Dove l’artigianato possa tornare protagonista, non solo come “nicchia”, ma come parte viva e vitale del mondo dell’arredo.
Conclusione
Abbiamo bisogno di momenti come il Salone e il Fuorisalone. Sono straordinari, pieni di idee, ispirazione e contatti. Ma abbiamo anche bisogno di ricordarci perché nascono le fiere: per far incontrare chi crea e chi cerca. Per far girare idee, sì, ma anche economia. Perché il design non è solo bellezza: è lavoro, cultura, visione e… concretezza.