Non possiamo relegare/circoscrivere l’architettura unicamente alle facciate degli edifici. Questa modalità attiene alla scultura.
L’architettura, è una questione che va ben oltre il puro visibililsmo.
Il puro visibilismo sarebbe cosa troppo riduttiva per un’arte così complessa della cui definizione ancora si discute. Una discussione di cui non entreremo nel merito per brevità ma che lasceremo ad altro momento.
Che l’architettura, non sia solo una questione d’immagine, possiamo darlo per definitivamente assodato, credo. Quindi, potremmo ben dire che l’architettura sia un’arte che attiene, anche e soprattutto, al vivere, all’identità della persona e al suo riconoscersi nello spazio.
Il fattore estetico è sempre stato un elemento nodale per l’essere umano.
Senza entrare nel dettaglio, tutti conoscono la storia e quindi, è inutile riprendere dalle paleopitture murali delle caverne per arrivare al Rinascimento e riprendere con le avanguardie.
Forse, sarebbe meglio vedere come l’estetica agisca sugli individui, volenti o nolenti. Dico volenti o nolenti perché, la fruizione estetica, avviene in molti modi differenti tra loro.
A differenza di altre forme di espressione artistica, come potrebbe essere quella di un romanzo o una sinfonia musicale che sono conseguenti ad una volontà di fruizione, l’architettura, potremmo dire, ci viene imposta, così come ci viene imposto il suo contenuto estetico.
Un valore che può agire in diversi modi sia coscienti, se abbiamo voglia di soffermarci e leggerne i contenuti facendo sforzi di apprendere una chiave di lettura, che subliminali.
Ma che questo elemento agisca in maniera cosciente o subliminale poco importa, l’importante è che ci sia e che questo fattore estetico sia positivo, (esiste anche un’estetica negativa che spesso, troppo spesso, ci rovina un po l’esistenza).
In una società evoluta, l’estetica dovrebbe essere considerata problema centrale per la qualità della vita dei propri componenti. I riflessi psicologici e comportamentali degli individui sono evidenti ad amministratori accorti.
Anche qui, non vado oltre perché il dibattito sull’approccio di Bil De Blasio a New York, che è stato un paladino della “teoria delle finestre rotte”, introdotta nel 1982 in un articolo di scienze sociali di James Q. Wilson e George L. Kelling, applicandola a suo modo, è ancora aperto.
Mi permetto solo di ribaltarne il paradigma sostituendo la retroazione negativa del degrado che porta ulteriore degrado a quella positiva che porta miglioramento ulteriore al miglioramento.
Per questo, credo sia importante che l’architettura sia ben curata. Essa, partecipa in maniera preponderante nell’estetica quotidiana, che come anzidetto, ci viene imposta.

Si è precedentemente detto che l’architettura è un arte che attiene al riconoscersi, inteso come percepirsi, nello spazio. In altri termini qualcosa che ha a che fare con la propriocezione e l’identificazione in relazione al manufatto architettonico che si realizza sia al suo esterno sia, e soprattutto, al suo interno.
Vediamo quindi come l’esterno sia uno spazio pubblico, e l’interno uno spazio privato che hanno rilevanza estetica. Ma esiste un luogo ancora più importante. Si tratta del luogo di passaggio tra l’interno e l’esterno.
Questo collega due ambiti di fruizione pubblico-privato in maniera fluida.
Se è evidente che l’appartamento sia uno spazio privato e la facciata pubblico, l’androne rimane un confine che ha ambivalenza. Spesso visibile dall’esterno, alle volte fruibile solo da chi varca una soglia, ma in ogni caso partecipe per buona parte della popolazione di riferimento: condomini, loro ospiti, residenti del quartiere turisti e viandanti.
Il beneficio estetico, ovviamente, si ripercuote principalmente su quanti ne abbiano modo di goderne spesso, ma il contributo che questo può dare alla qualità della vita diffuso nella società è maggiore di quanto non si possa supporre.
Negli anni del dopoguerra, per fretta di ricostruire e in quelli successivi per perdita di alcuni valori di riferimento, si è persa l’attenzione per questi luoghi di transito. I motivi possono essere riconducibili a tanti vizi e pregiudizi dei committenti. Ognuno potrà pensarla come crede.
Si potrà citare la speculazione edilizia o la necessità di risparmiare sui costi di costruzione, (che nelle grandi città sono incidenza minima rispetto alla rendita fondiaria), fatto sta che tanto potrebbe essere fatto ora per porre rimedio.

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