È nostra convinzione, che il singolo intervento edilizio non possa prescindere da un’approfondita contestualizzazione all’interno del tessuto urbano che lo ospita così come, è fondamentale che l’uno sia prima di tutto parte coerente del suo insieme e che interagisca con esso.


Questa, è una convinzione maturata nel segno della cultura del recupero storico – filologico critico. L’intento, è quello di prendere le distanze dalla pratica diffusa d’intervenire con sole finalità speculative, rifiutando una lettura del luogo. Al contrario, ci sembra indispensabile un impegno semantico, di interpretazione profonda non solo della storia, ma del Genius Loci, dell’anima del luogo, intesa come unità di contenuti sensoriali e umanistici: l’architettura diventa quindi strumento di composizione, un racconto complesso, poliedrico, portatore di senso, che non si limita a citare o copiare, ma che si inserisce con cognizione di causa e ragione d’essere.
Il tessuto urbano che include l’area di intervento, è caratterizzato storicamente dalla presenza di un sistema di ville, appena esterno al borgo più antico. Il tema è dunque, quello dell’abitazione monofamiliare isolata all’interno del verde.


La ricerca nell’ambito della cultura sedimentata ci spinge ovviamente a considerare la continuità di questa struttura urbana – morfologica, come un caposaldo progettuale mentre al contrario essa, è stata in alcuni casi sottovalutata, come si evince dall’osservazione di edificazioni circostanti (anche multipiano e quindi completamente fuori scala). A cavallo del Novecento, il suddetto tema è stato interpretato in relazione a specifiche finalità,

ora storicamente superate: ci riferiamo ad un’ascesa sociale della cultura borghese, che trovava nello stile Liberty e neo – Liberty eclettico uno strumento documentato di celebrazione.


Il linguaggio si configurava su questo principio, elaborando una serie di scelte ornamentali che in alcuni casi rasentano l’opulenza mentre in altri, appaiono meno ostentate. L’edificio, in questa fase storica, sceglie nettamente l’individualità linguistica e cerca la distinzione a tutti i costi: prese di posizione, spesso fuori dal coro, dissonanti, proclamate. Le ville Liberty ed eclettiche, hanno come chiaro e primo obiettivo progettuale, quello di adottare scelte estetiche sfarzose, accantonando l’interesse nei confronti della spazialità o delle interazioni.


La scelta progettuale in oggetto si fonda sul rapporto col Genius Loci, obiettivo primario, e sceglie quindi di riproporre il tema dell’abitazione isolata nel verde, che si lega con forza alla tradizione urbanistica del sito.
Il secondo obiettivo è la valorizzazione del verde. Si pensi innanzitutto all’immagine che dà di sé l’edificio sulla Piazza, al volto che racconta alla città la sua storia: ancora


oggi, a fianco delle ville novecentesche, nella proprietà in oggetto, si scorgono solo dei pini che donano respiro all’intera piazza.
Il progetto mantiene con forza questo sistema di alberature, integrandolo con nuove piantumazioni autoctone.
La grossa novità è che il rapporto col verde entra anche negli interni, in un continuum ininterrotto, che sfrutta l’odierna tecnologia per proporre nuovi sguardi suggerendone assonanze. Un terzo obiettivo, è quello di proporre una serie di volumi compatti, una giusta misura all’edificato: soprattutto quando si cerca di coinvolgere il verde e di abbracciarlo, diventa facile cadere nell’errore di proporre una pianta eccessivamente libera, frutto di pura sperimentazione funzionalista e slegata dal contesto.


L’architettura invece, si organizza armonicamente in due corpi: uno principale e padronale, che adotta la misura compatta e definita degli edifici storici circostanti, l’altro che invece è destinato a diventare l’ala degli ospiti e si delinea come un corpo basso e nascosto alla strada, atto in primis a delineare un cortile interno, uno spazio nello spazio, più intimo e riservato.
Lo spazio cortile così definito, avvolto dai due corpi dell’edificato da un lato, dall’alberatura dall’altro, diventa uno spazio di implosione del verde, un nucleo interno, arricchendo il giardino di prospettive e significati nuovi, rispetto all’edificio in demolizione.


L’ultimo tema è il linguaggio architettonico, volutamente ultimo e subordinato, perché si allontana negli intenti dall’opulenza di quegli edifici storici, frutto di un’epoca diversa. La sobrietà è il manifesto dell’architettura proposta, che vuole essere silenziosa e preferisce lasciar parlare le voci già presenti nel luogo, senza sovrapporsi.
Un architettura che rifiuta di alzare a sua volta la voce in altri ulteriori modi, oppure imitando, pedantemente e falsamente, linguaggi propri di altri tempi e altre culture.


La sobrietà dunque, rafforza l’uno e l’altro nel confronto sensato, che arricchisce entrambe le parti.
Architetto Giovanni Ronzoni

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