Il D. Lgs. 10.10.2022 n. 149 ha introdotto – con decorrenza dal 30.6.2023 – alcune importanti modifiche all’istituto della mediazione, introdotto nel nostro ordinamento dal D. Lgs. 4.3.2010 n. 28. In questa sede l’attenzione è focalizzata su una specifica novità di questa riforma e cioè quella che attiene al ruolo – parzialmente diverso rispetto a prima – e, soprattutto, al “margine di manovra” – molto maggiore (ma forse solo in apparenza)
rispetto a prima – che spetta all’amministratore di condominio in tema di mediazione obbligatoria.
I termini della questione
Prima del D. Lgs. 10.10.2022 n. 149 la decisione circa la partecipazione o meno del condominio alla mediazione era appannaggio esclusivo dell’assemblea dei condomini, con l’amministratore “relegato” a un ruolo subordinato ed esecutivo.
La recente riforma sembra invece aver voluto “puntare” non poco sull’amministratore, conferendogli un ruolo che prima non aveva.
Stando al dato normativo, infatti, sembra di poter dire che dal 30.6.2023 il protagonista principale delle mediazioni obbligatorie sul fronte del
condominio sarà l’amministratore, svincolato – questo sembra dire la norma – dall’assemblea e dalle decisioni che quest’ultima assume nella sua veste di organo sovrano del condominio. Si vedrà in prosieguo che sussiste un certo margine di dubbio circa il fatto che le cose stiano effettivamente così.
Il dato normativo Schematicamente, le norme che “entrano in scena”
sono queste:
• art. 5 ter D. Lgs. 4.3.2010 n. 28:
“(Legittimazione in mediazione
dell’amministratore di condominio)
L’amministratore del condominio è legittimato ad
attivare un procedimento di mediazione, ad aderirvi
e a parteciparvi.
Il verbale contenente l’accordo diconciliazione o la
proposta conciliativa del mediatore sono sottoposti
all’approvazione dell’assemblea condominiale, la
quale delibera entro il termine fissato nell’accordo
o nella proposta con le maggioranze previste
dall’articolo 1136 del codice civile. In caso di
mancata approvazione entro tale termine la
conciliazione si intende non conclusa”;
• art. 71 quater, terzo comma, disp. att. cod. civ.:
“Al procedimento [di mediazione – n.d.r.] è
legittimato a partecipare l’amministratore,
previa delibera assembleare da assumere con la
maggioranza di cui all’articolo 1136, secondo
comma, del codice”;
• art. 1131, terzo comma, cod. civ.: “Può essere
convenuto in giudizio per qualunque azione
concernente le parti comuni dell’edificio; a lui
sono notificati i provvedimenti dell’autorità
amministrativa che si riferiscono allo stesso
oggetto.
Qualora la citazione o il provvedimento abbia
un contenuto che esorbita dalle attribuzioni
dell’amministratore, questi è tenuto a darne senza
indugio notizia all’assemblea dei condomini”.
• art. 1136, quarto comma, cod. civ.: “Le
deliberazioni che concernono (…) le liti attive
e passive relative a materie che esorbitano dalle
attribuzioni dell’amministratore (…) devono
essere sempre approvate con la maggioranza
stabilita dal secondo comma del presente
articolo”.
Il contributo giurisprudenziale
È noto che il legislatore parla per bocca del giudice. Con questa espressione si vuole indicare la fondamentale importanza che l’interpretazione della giurisprudenza riveste nell’individuazione della portata e dell’applicazione di una qualsiasi disposizione normativa.
Per quanto qui interessa appaiono di estrema importanza le puntualizzazioni della Suprema Corte in ordine al ruolo di assemblea e amministratore e ai rapporti tra l’uno e l’altro organo condominiale,
nonché l’insegnamento in ordine alla legittimazione passiva dell’amministratore. Sotto il primo profilo si ricorda Cass. SS. UU. ….
2010 n. 1833, la quale ha sottolineato che “l’organo
principale, depositario del potere decisionale, è l’assemblea dei condomini”, definita anche come “l’organo deliberativo del condominio e l’organo cui compete l’adozione di decisioni in materia di
amministrazione dello stesso”, che l’amministratore in quanto tale non ha “nessun potere decisionale o gestorio” e che “la prima, fondamentale, competenza dell’amministratore consiste nell’’eseguire le deliberazioni dell’assemblea dei condomini’”. Sotto il secondo profilo di ricorda la recente.
Cass. 22.7.2022 n. 22958, la quale, richiamando non pochi suoi precedenti arresti, ha confermato l’insegnamento consolidato: “L’interpretazione di
questa Corte sostiene che spetta in via esclusiva all’amministratore del condominio la legittimazione passiva a resistere nei giudizi promossi dai
condomini per l’annullamento delle delibere assembleari, ove queste non attengono a diritti sulle cose comuni (Cass. Sez. 2, 20/04/2005, n. 8286;
Cass. Sez. 2, 14/12/1999, n. 14037; Cass. Sez. 2, 19/11/1992, n. 12379).
Essendo l’amministratore l’unico legittimato passivo nelle controversie ex art. 1137 c.c., in forza dell’attribuzione conferitagli dall’art. 1130, n. 1, c.c.,
e della corrispondente rappresentanza in giudizio ai sensi dell’art. 1131 c.c., allo stesso spetta altresì la facoltà costituirsi nel processo ed eventualmente gravare la relativa decisione del giudice, senza necessità di autorizzazione o ratifica dell’assemblea (Cass. Sez. 2, 23/01/2014, n. 1451; Cass. Sez. 2,20/03/2017, n. 7095; Cass. Sez. 2, 10/03/2020, n6735)”
Considerazioni riassuntive e di sintesi Il nuovo art. 5 ter D. Lgs. 4.3.2010 n. 28 si colloca in uno scenario complessivo che può essere riassunto così:
a) l’organo sovrano del condominio è l’assemblea, delle cui decisioni l’amministratore è un mero esecutore;
b) in tema di mediazione civile, il potere di decidere
la partecipazione del condominio spetta in via
esclusiva all’assemblea;
c) del resto, spetta in via esclusiva all’assemblea
anche il generale potere di decidere in ordine alle
liti attive e passive;
d) a parziale deroga di quanto sub c),
l’amministratore può agire e resistere in giudizio
senza necessità della preventiva autorizzazione
dell’assemblea nelle materie che non “esorbitano dalle attribuzioni” che la legge gli attribuisce.
Chi scrive vede – forse a causa della coesistenza
di due anime (quella del vecchio e incallito condominialista e quella del mediatore ottimista e fiducioso) due possibili “letture” della nuova norma
qui in esame:
1) il legislatore ha voluto attribuire in generale
all’amministratore una maggiore autonomia in tema
di mediazione, svincolandolo dalla necessità della
preventiva decisione dell’assemblea e facendo di lui
il vero dominus della mediazione stessa;
2) il legislatore ha voluto attribuire
all’amministratore una maggiore autonomia in tema
di mediazione non in assoluto, ma limitatamente alle
materie a lui attribuite, con ciò “replicando” quanto
l’art. 1131 cod. civ. già prevede in ordine alle liti
attive e passive.
Detto altrimenti: l’art. 5 ter D. Lgs. 4.3.2010 n. 28 deve essere letto così: “Nelle materie che rientrano nelle sue attribuzioni l’amministratore
del condominio è legittimato ad attivare un procedimento di mediazione, ad aderirvi e a parteciparvi”.
A favore della “lettura” sub n. 1) milita il favor per la mediazione dimostrato con sempre maggiore evidenza dal legislatore.
Che si punti allo “snellimento” dell’iter necessario a portare i condominii in mediazione è senz’altro cosa buona e giusta e, da questo punto di vista,
l’attribuzione al solo amministratore della facoltà di “schierare” il condominio in questi procedimenti deve essere salutata come una significativa e positiva novità.
Non si può e non si deve, tuttavia, perdere di vista che a “lettura” sub n. 2), più “cauta” e restrittiva, appare anche più coerente con il sistema generale
come dianzi ricostruito.
Chi scrive ritiene probabile che, nell’evoluzione dell’interpretazione giurisprudenziale, prevalga la seconda “lettura”.
La quale – giova evidenziarlo – è comunque in linea con l’ineludibile duplice circostanza che:
• l’amministratore, al di fuori delle attribuzioni
che la legge gli riserva, “non ha (…) un generale
potere di spesa” [Cass. 27.6.2011 n. 14197]
• la partecipazione alle mediazione avviene, in
ultima analisi, a spese dei condomini.